Come è diventato “Un giorno all’improvviso” il nuovo inno del San Paolo? Come si legge sull’edizione odierna de Il Roma, la canzone, vero tormentone del San Paolo e della città, fu lanciata dai tifosi de L’Aquila e portata in Serie A a gennaio dal Genoa. Tuttavia fu Pasquale D’Angelo, storico esponente del tifo partenopeo, poco prima che morisse tragica durante la trasferta di Mosca a consigliarla ai gruppi ultrà della Curva B. Un’eredità entrata nel cuore dello zoccolo duro del tifo e della gente.
All’ottantaquattresimo minuto che i capi tifosi della Curva B dello Stadio San Paolo si guardano tra loro. Il gruppo “Ultras 72”, quello centrale, lancia un cenno ai compagni di gradinata alla loro destra, i “Fedayn”. Nel giro di pochi secondi anche il gruppo “Area Nord”, quello in basso a sinistra, capisce che è il momento. All’ottantacinquesimo minuto, parte un rullo di tamburi, mani alzate e via con la strofa: “Un giorno all’improvviso…”. Come un’onda, gradino dopo gradino, le parole si levano alte nel cielo sopra lo Stadio San Paolo. “Il cuore mi batteva…”. Subito dopo si aggiungono al coro la tribuna Posillipo e la prima parte dei Distinti. Gli anelli inferiori, spettatori dello sventolio continuo di bandiere della B, sono già in festa a cantare. “Non chiedermi il perché… Di tempo n’è passato…e sono ancora qua e oggi come allora…”. Ed è qui, come da tempo non si vedeva e sentiva, che lo stadio di Fuorigrotta diventa una sola voce, forte, chiara, inconfondibile… “difendo la città…”. E poi è festa, gioia incontenibile fino ad oltre il fischio finale, fino a quando l’ultimo giocatore non è entrato negli spogliatoi. Sabato poi per la prima volta si è unita al coro anche la Curva A, che era rimasta un po’ a “guardare” in questi mesi. La canzone che in queste settimane sta facendo il giro dei social, delle televisioni, e rimbalzando di telefonino in telefonino, è diventata più che un inno, perché a sentire i tifosi adesso è nel cuore di ogni napoletano. C’è chi il testo lo ha dipinto sui muri, sulle saracinesche dei negozi e lo ha tatuato sul corpo.
La canzone spopola ed arriva fino in Tanzania. La collega Carmen Fimiani attraverso il suo profilo Twitter ha pubblicato un video in cui si vedono dei ragazzi africani con la maglia del Napoli cantare il coro azzurro. Volle fortemente che fosse cantata in curva Pasquale D’Angelo, il capotifoso degli “Ultras 72” stroncato da un infarto il 20 marzo durante una trasferta del Napoli a Mosca. È suo il volto blu che sventola su una bandiera bianca al centro della B. Fu agli inizi di marzo che per la prima volta si iniziò a cantare questa canzone. Portata in curva proprio da Pasquale che per la prima volta l’aveva sentita cantare a Genova con il cosiddetto “controcanto”. La gradinata Nord lanciava il primo coro e di seguito la Sud rispondeva, la Nord lo rifaceva e la Sud finiva, fino al ritornello che ripeteva tutto lo stadio. Al San Nicola di Bari lo cantano lentamente, allo Juventus Stadium di Torino senza mani né tamburi. I gemellati dell’Ancona la cantano come i napoletani. Ma questa canzone chi l’ha introdotta? In serie A, per prima, fu la gradinata Nord del Genoa, poi i napoletani e infine tutti gli altri. Ma gli autori veri (il ritmo è la hit dei Righeira “L’estate sta finendo”) sono gli ultras della squadra de L’Aquila. Sono stati loro un anno e mezzo fa che allo stadio Tommaso Fattori lanciarono per primi il coro e al posto della frase “difendo la città”, cantavano “difendo L’Aquila”.
Ma si sa, nel mondo degli ultras, almeno la musica e i ritmi, legano tutti e così quando una canzone arriva nelle curve passa di stadio in stadio. Ed anche questa è una sorta di competizione tra tifosi su chi la canta meglio o con più forza. C’è chi poi, per razzismo, odio che travalica lo stesso gioco del calcio o per mera stupidità, ha stravolto completamente il testo inneggiando a colera, catastrofi e malattie. Il video degli ultras della Sud della Roma spopola su internet anche perché la mamma dei cretini purtroppo è sempre incinta. Resta però intatta la bellezza di un testo che rappresenta tutta la città di Napoli. Non ci sono parole che in molti non capiscono e che spesso sono usate dagli ultras in altri slogan, come “coerenza”, “mentalità”, ma ha invece strofe d’amore che descrivono in maniera sintetica il legame viscerale tra il Napoli e Napoli. Ecco perché via via questa canzone assume la portata del nuovo inno della squadra, ecco perché gli ultras vogliono che venga sostituito a “’o surdato nnammurato”, che invece è cantato dalle altre curve contro i napoletani per dileggiarli, offenderli e chiamarli “pulcinella”.
Ecco il motivo per il quale si è deciso, da tre giornate di campionato a questa parte, di cantarla non più durante ma alla fine del match. Come nei grandi stadi europei: a Liverpool, a Monaco, a Barcellona, a Londra, a Madrid. A cinque minuti dalla fine della partita, si perde, si vince o si pareggia, la curva canta il proprio inno, esprime la sua passione che esplode in parole d’amore e i giocatori, che indossano la maglia che rappresenta la città, salutano e ringraziano, al di là del risultato, perché comunque vada “difendo la città”.
Fonte: calcionapoli24.it